Nel corso del lockdown si è tanto parlato dei disastri provocati dal Covid-19, sia sul piano umano che su quello economico. Dalle piccole imprese a quelle più grandi il colpo è stato duro e nei prossimi tempi tutto il mondo dovrà fare i conti con cambiamenti radicali.
Il Covid-19 non ha contribuito solamente a gettare imprenditori, impiegati e cittadini in un clima di fragilità, ma si è anche fatto strada nella società come un elemento foriero di grandi rivoluzioni, prima di tutte quella che riguarda il lavoro. Sebbene lo stato di emergenza ancora non sia stato revocato, l’Italia sembra essere uscita dai momenti peggiori della pandemia con una nuova consapevolezza: la certezza che niente sarà più come prima e che per stabilire come sarà il lavoro nel futuro il cambiamento comincia ora.
Prima della pandemia: l’Industria 4.0
Attribuire all’emergenza Covid-19 la capacità di stravolgere completamente la realtà lavorativa del terzo millennio è un sentimento diffuso, ma riduttivo. L’evento pandemico che l’Italia e il resto del mondo si sono trovati ad affrontare in poco tempo ha fatto sì che molte modalità aziendali cambiassero radicalmente. Il nuovo Coronavirus si è inserito in un contesto già attraversato da notevoli rivoluzioni e il suo ruolo – in parte devastante, in parte carico di opportunità – è stato quello di accelerare una fase già avviata da anni, quella che ha portato al consolidamento della cosiddetta Industria 4.0, ponendo l’accento sull’importanza di velocizzare i processi di cambiamento per affrontare l’emergenza.
Il termine Industria 4.0 fa riferimento a una situazione aziendale ed economica in piena trasformazione, che si concretizza nell’evoluzione delle competenze di manager e impiegati, e nell’incremento di sistemi digitali avanzati.
In numerosi settori lavorativi la rivoluzione tecnologica ha permesso l’impiego di nuovi sistemi di automazione e di macchinari avanzati in sostituzione del lavoro umano o in appoggio a esso. L’Industria 4.0 rende possibile processare un’enorme mole di dati e informazioni grazie all’utilizzo di supporti adeguati, mette in campo elementi robotici capaci di far fronte a numerose situazioni nelle quali il problem solving deve essere immediato, potenzia le capacità umane e consente di raggiungere risultati impensabili fino a pochi anni fa1.
Il passaggio all’Industria 4.0 – ormai una realtà più che una semplice prospettiva – mira ad abbattere i limiti della vecchia industria per creare nuove opportunità produttive e avrà un’influenza diretta su come sarà il lavoro nel futuro. La sua portata rivoluzionaria – non priva di problemi che vanno a toccare soprattutto i lavoratori – anticipa l’impatto economico e sociale della pandemia globale, ma da quest’ultima sta ricevendo un’enorme spinta, con la conseguente necessità di adattamento da parte di aziende e impiegati.
L’estrema digitalizzazione già esistente in tempi antecedenti alla diffusione del Coronavirus ha raggiunto picchi estremi nel corso della pandemia, premiando le aziende capaci di adattarsi alla situazione – sia come forma mentis che concretamente, con strumenti adeguati – e penalizzando le realtà in cui il lavoro digitale è meno sviluppato. Il Covid-19 sembra però aver avvicinato ancora di più l’Italia e il resto del mondo al futuro, sempre più incentrato su tecnologia e automazione.
Come sarà il lavoro nel futuro: le competenze umane in una realtà sempre più digitalizzata
In un contesto lavorativo attraversato da cambiamenti rivoluzionari, soprattutto a livello di strumenti ipertecnologici e automazioni, c’è da chiedersi come sarà il lavoro nel futuro per l’essere umano. Sebbene la digitalizzazione metta a repentaglio la presenza umana nei contesti lavorativi e aumenti il rischio di alienazione del lavoratore, la pandemia globale ha anche evidenziato quanto ancora le competenze umane siano fondamentali nella gran parte dei settori. L’incremento di un modello lavorativo da remoto, il potenziamento di sistemi di vendita tramite e-commerce e l’importanza della digitalizzazione nel continuo aggiornamento delle competenze ai vari livelli per poter sopravvivere alla crisi dovuta al lockdown, non hanno oscurato il ruolo del lavoratore, imprescindibile per la funzionalità e l’efficienza di tali sistemi.
Il futuro delle imprese è dunque impensabile senza una collaborazione tra tecnologia e competenza umana, competenza che tuttavia risente anch’essa della rivoluzione in atto. L’Industria 4.0, con le sue innovazioni tecnologiche, richiede a sua volta il potenziamento di vecchie skill e l’apprendimento di competenze del tutto nuove, con la creazione di ulteriori posti di lavoro digitale.
Oltre a dover provenire da un’istruzione di base adeguata, il “dipendente 4.0” dovrà saper interagire con le nuove tecnologie, essere agile nel problem solving e dimostrarsi in grado di bilanciare soft skills (capacità relazionali, produttività in team, flessibilità al cambiamento e così via) e nuove competenze digitali. Ruoli di questo genere potrebbero a oggi non essere ancora esistenti, ma far parte di un futuro lavorativo sempre più vicino2.
L’ondata di digitalizzazione portata con sé dal terzo millennio e accelerata dall’emergenza Covid-19 renderà fondamentale anche un’adattabilità da parte di manager e strutture stesse, i primi incaricati di includere in modo agile e flessibile i sistemi digitali nella realtà aziendale (compresa la gestione delle modalità lavorative da remoto), le seconde tenute ad accogliere concretamente le nuove tecnologie, grazie a investimenti a lungo termine per agevolare la sostenibilità di tali innovazioni.
Prepararsi al futuro del lavoro digitale con Skill Assessment e Reskilling
In un mercato iper-tecnologico è importante che non venga mai meno l’importanza della competenza umana come fulcro di ogni attività. Un mondo imprenditoriale in cui coesistono pacificamente nuovi sistemi digitali e personale umano è possibile e auspicabile, se non addirittura imprescindibile. Per comprendere come sarà il lavoro nel futuro e avviarsi verso il cambiamento è fondamentale partire dalla skill come elemento basilare di un organismo aziendale perfettamente funzionante.
In pochi mesi l’emergenza Covid-19 ha messo le imprese di fronte alla necessità di cambiare metodi, di rivolgersi al digitale per raggiungere una clientela messa a repentaglio dal distanziamento sociale e dalle manovre governative di confinamento. Il successo è stato determinato da quanta flessibilità è stata impiegata nello smart working, nella presenza sul web dei brand e nell’impiego di nuove tecnologie per facilitare il lavoro agile.
Nuove forme di lavoro digitale richiedono tuttavia nuove skill, da ricercare nei dipendenti del domani. Per questo due tendenze oggi utilissime vengono in soccorso a chi deve affrontare il futuro: lo skill assessment e il reskilling. Incentrati sull’importanza della competenza, entrambi i metodi risultano fondamentali per adattarsi a una realtà in costante mutamento.
Tramite lo skill assessment i lavoratori e i futuri impiegati hanno la possibilità di valutare le proprie competenze, comprenderne il livello e individuare le lacune da colmare a seconda dell’obiettivo professionale prescelto. Appositi servizi, come lo Skill Assessment di Braavery garantiscono un accertamento rapido, immediato e gratuito di queste mancanze, al fine di correggerle con corsi di aggiornamento mirati e personalizzati3.
Ma come sarà il lavoro nel futuro per chi ha individuato un gap nelle proprie competenze? Il reskilling, ossia la riqualificazione delle competenze, mira a risolvere questo dubbio e a colmare lacune che, con l’avvento delle nuove tecnologie, saranno inevitabili.
Non solo il reskilling amplierà lo spettro delle capacità del singolo lavoratore in funzione di una maggiore inclusione dei sistemi digitali nel suo ruolo, ma permetterà anche una più flessibile adattabilità in caso di un futuro cambio di impiego.
Grazie a Iccrea BancaImpresa la Banca Corporate del Gruppo Bancario Cooperativo Iccrea, siamo stati accompagnati nel realizzare alcuni dei nostri progetti, quello illustrato è solo un esempio della nostra passione.
[Fonte: Iccrea BancaImpresa]
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